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Dalla riforma teresiana delle comunità (1750) al progetto fascista della "grande Milano" (1923) i rapporti intercorsi fra la città murata, dapprima fiscalmente protetta, e i territori contermini, "vittime" predestinate della sua espansione, tuttavia capaci di opporre la resistenza di proprie identità e istituzioni, disegnano una storia amministrativa che, entro spazi determinati, è appunto storia di amministrazione, politiche finanziarie e interessi economico-sociali in conflitto. Nel lungo periodo finirà col prevalere l'azione accentratrice dello Stato (asburgico, napoleonico, di nuovo asburgico, italiano unitario), magari condotta sotto il segno dell'egualitarismo. Si tratterà sempre, però, di un'azione intermittente e contradditoria, che, da un lato, non riconoscerà e persino cancellerà le comunità via via assorbite e, dall'altro, non restituirà un territorio della "metropoli" razionalizzato nelle dimensioni e, anche nelle prestazioni dei servizi pubblici, articolato in funzione paritaria. Così, ad esempio, il Comune "anulare" dei Corpi Santi, che, istituito nel 1781, annesso alla capitale nel 1808, ripristinato nel 1816, infine viene incorporato nel 1873 senza lasciare traccia di sé.